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Il whistleblowing si applica anche alle forze dell’ordine?

lentepubblica.it • 22 Aprile 2024

whistleblowing-si-applica-forze-dell-ordineAlcune recenti controversie legali hanno sollevato molti dubbi su una questione complessa: la disciplina del whistleblowing si applica anche alle forze dell’ordine? Scopriamone di più.


Il whistleblowing, una pratica che consente a individui di segnalare abusi o comportamenti illegali mantenendo l’anonimato, ha assunto una rilevanza sempre maggiore nell’ambito della pubblica amministrazione. Tuttavia, quando si tratta di applicare tale pratica alle Forze armate e di polizia, sorgono questioni complesse e dibattiti accesi.

Il personale militare e delle forze dell’ordine è soggetto a una serie di normative specifiche che implicano restrizioni sulle “libertà fondamentali in ambito politico e sindacale“, come stabilito dalla Corte costituzionale (sentenza n. 120 del 2018). Queste normative delineano uno status unico, non paragonabile a quello del resto della pubblica amministrazione.

Gli appartenenti alle forze dell’ordine, sia a ordinamento civile che militare, sono vincolati inoltre al rispetto delle relazioni gerarchiche e al dovere di obbedienza, sempre nel rispetto della legalità e della legittimità degli ordini ricevuti. Tuttavia, sorge spontanea la domanda: il whistleblowing può essere applicato ai corpi militari?

Il whistleblowing si applica anche alle forze dell’ordine?

Nel contesto di recenti sviluppi giudiziari, due ufficiali del corpo dei Carabinieri hanno subito una sanzione pecuniaria inflitta dall’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, a seguito delle loro segnalazioni di ritorsioni subite da parte di un whistleblower. L’Autorità ha sostenuto la necessità di estendere il whistleblowing anche ai contesti militari, ritenendo che ciò contribuirebbe a preservare l’integrità professionale sul posto di lavoro.

I due militari coinvolti non hanno tuttavia subito alcuna sanzione dall’Arma dei Carabinieri, la quale è stata difesa dall’Avvocatura di Stato, sostenendo la validità delle argomentazioni presentate dai due soggetti coinvolti. Tuttavia, per quanto riguarda i due carabinieri protagonisti della vicenda, la disciplina del whistleblowing non è stata ritenuta applicabile al contesto militare, giustificata dalla necessità di tutelare la sicurezza nazionale.

Il parere del Consiglio di Stato

Il parere 01485/2023 del Consiglio di Stato, emesso in seguito alle richieste avanzate dai Ministeri dell’Interno e della Difesa, ha evidenziato una serie di considerazioni fondamentali riguardo all’applicazione della disciplina del whistleblowing nei contesti delle forze armate e di polizia.

In particolare, il Consiglio di Stato ha sottolineato che l’introduzione della pratica del whistleblowing potrebbe potenzialmente generare conflitti con le normative specifiche che regolano le attività delle forze armate e delle forze dell’ordine. Queste normative sono progettate per garantire l’efficacia operativa e la sicurezza nazionale di tali istituzioni, che svolgono un ruolo critico nella protezione e nell’ordine pubblico del paese.

L’eventuale applicazione del whistleblowing potrebbe mettere a rischio il funzionamento di queste istituzioni, introducendo elementi di incertezza e potenziali interferenze con le procedure operative stabilite. Ciò potrebbe avere conseguenze significative sulla capacità delle forze armate e delle forze dell’ordine di adempiere ai loro compiti istituzionali in modo efficiente ed efficace.

Pertanto, il parere del Consiglio di Stato sottolinea la necessità di valutare attentamente gli impatti e le implicazioni dell’introduzione del whistleblowing in questi contesti specifici, al fine di garantire che le normative adottate siano coerenti con gli obiettivi e le esigenze operative delle forze armate e delle forze dell’ordine, senza comprometterne l’efficacia e la sicurezza.

La decisione del TAR e il rinvio del giudizio finale al 2025

Nonostante le argomentazioni presentate dall’Arma dei Carabinieri e difese dall’Avvocatura di Stato e il parere del Consiglio di Stato il Tribunale Amministrativo Regionale della Regione Lazio (Tar) ha preso una decisione che merita attenzione. Infatti, ha respinto la richiesta di sospendere la sanzione nei confronti dei due militari coinvolti e ha rimandato la discussione sul merito al 18 febbraio 2025.

Questa decisione assume un ruolo fondamentale poiché sarà il Tar a dover stabilire se i militari, inclusi i carabinieri e i finanzieri, debbano essere considerati immuni rispetto alla pratica del whistleblowing. Il verdetto del Tar non solo determinerà il destino dei due ufficiali coinvolti nel caso specifico, ma potrebbe anche avere implicazioni significative per l’applicazione del whistleblowing nell’ambito militare in generale.

In sostanza, il Tar si trova di fronte a un compito di grande responsabilità, chiamato a bilanciare la necessità di garantire la trasparenza e la responsabilità all’interno delle istituzioni militari con la protezione della sicurezza nazionale e la preservazione dell’efficacia operativa delle forze armate. La sua decisione influenzerà profondamente il futuro del whistleblowing all’interno del contesto militare e potrebbe delineare i limiti e le modalità di applicazione di questa pratica nelle istituzioni militari italiane.

Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
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